Siena (venerdì, 10 ottobre 2025) — Ci sono storie che iniziano in silenzio, lontano dai riflettori, e poi tornano alla luce con la forza di una liberazione. Quella di Riccardo Corradini, medico trentunenne laureato a Siena, appartiene a questa categoria: un ragazzo che aveva scelto di partire, non per fuggire ma per essere presente, e che oggi torna in Italia dopo giorni di tensione e di attesa.
di Valeria Russo
Era sulla Conscience, una delle barche della Freedom Flotilla Coalition dirette a Gaza. Quando l’imbarcazione è stata intercettata dalla Marina israeliana, il suo nome è comparso tra quelli dei fermati. Da quel momento, il tempo ha iniziato a scorrere diversamente: lento, pieno, fatto di comunicati diplomatici e telefonate a metà, di silenzi e di speranze.
Riccardo è atteso questa sera a Torino, dopo un viaggio che ha toccato Tel Aviv e Istanbul. Il padre ha confermato la notizia del rientro, una frase breve ma capace di sciogliere giorni di angoscia. È la fine di una vicenda che ha coinvolto non solo la famiglia, ma anche chi, come il Rettore dell’Università di Siena Roberto Di Pietra, ha scelto di intervenire. È stato lui, pochi giorni fa, a scrivere al ministro degli Esteri, chiedendo di fare tutto il possibile per garantire il rilascio dell’ex studente. Un gesto che suona come un’estensione naturale di quel legame invisibile che unisce i docenti ai propri allievi: un patto di appartenenza che resiste, anche quando la vita li spinge lontano.
Dietro la cronaca resta la figura di un medico che non ha mai smesso di credere nella possibilità di curare non solo i corpi, ma anche le distanze. Corradini conosce Gaza da vicino: lì aveva vissuto un’esperienza di studio che gli era rimasta addosso come una ferita e una vocazione. La sua tesi sull’assistenza sanitaria nei territori palestinesi si era trasformata in un documentario, Erasmus in Gaza, che raccontava non un conflitto, ma la quotidianità di chi cerca di vivere dentro un assedio.
La sua liberazione, oggi, ha il sapore di un ritorno a casa, ma anche di una parentesi aperta. Perché dietro ogni viaggio interrotto resta una domanda: cosa spinge una persona a esporsi così tanto per una causa lontana, in un mondo dove la prudenza è diventata virtù e l’impegno spesso appare un’anomalia?
Forse la risposta sta proprio nel suo percorso, nel filo che lega l’Università di Siena a quel Mediterraneo inquieto dove Riccardo aveva scelto di tornare. È una storia che parla di ideali e di fragilità, di giovani che ancora credono che la cura possa essere una forma di resistenza.
Stasera, quando atterrerà a Torino, Riccardo Corradini porterà con sé qualcosa che nessun arresto può cancellare: l’ostinazione di chi continua a credere che la solidarietà, anche quando è scomoda, sia l’unico linguaggio davvero universale.
Last modified: Ottobre 10, 2025

