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Il respiro lungo del Brunello

Siena (mercoledì, 8 ottobre 2025) — A Montalcino l’autunno arriva piano, come se anche la luce avesse bisogno di tempo per decantare. Le colline si ammorbidiscono, il vento odora di legna e di mosto, e il vino – quello vero, quello che non ha fretta – comincia a raccontare le sue storie.

di Valeria Russo

Tra le botti e i filari, c’è una donna che ascolta quel racconto come si ascolta un amico antico: Caterina Sacchet, enologa, produttrice, e voce di un Brunello che sembra respirare insieme alla terra.

Il Brunello 2020 ha appena ottenuto i 3 Bicchieri del Gambero Rosso, e la Riserva 2019 si è portata a casa i 5 Grappoli Bibenda. Due premi che non sono semplici riconoscimenti, ma piccole conferme di un cammino lungo, fatto di intuizioni, pazienza e ostinazione. Il tipo di ostinazione che solo chi lavora con la materia viva può capire: perché il vino non si comanda, si accompagna.

Il 2020, dicono, è un’annata che ha trovato l’equilibrio perfetto tra potenza e grazia. Un Brunello che non alza la voce, ma parla chiaro. Dentro ci sono il sole e la pietra, il lavoro delle mani e il respiro della vigna. C’è un profumo di ciliegie mature, di erbe secche e di pepe lontano, una struttura che regge il tempo come una casa ben costruita. È il vino che non cerca di stupire: preferisce convincere, lentamente.

La Riserva 2019, invece, è una storia più intima. Ha qualcosa di segreto, come una stanza che si apre solo a chi sa aspettare. È più profonda, più scura, con quel modo di raccontare il tempo che solo certi vini possiedono: quando li bevi, senti che stanno ancora crescendo. Forse è questo il privilegio dei vini grandi – la capacità di cambiare come le persone, di non restare mai fermi.

Fuori dai confini italiani, le riviste specializzate hanno applaudito: Wine Spectator le ha assegnato 93 e 95 punti, Wine Enthusiast 94, e anche Doctor Wine si è allineato con lo stesso entusiasmo. Ma ciò che conta davvero, a Montalcino, non è la cifra stampata su una rivista: è il bicchiere condiviso alla fine di una giornata di vendemmia, il sorriso di chi sa che la vigna ha restituito ciò che le è stato dato.

Caterina, in fondo, non parla mai di successo. Parla di equilibrio, di ascolto, di rispetto. Le sue parole sembrano uscite dalla bocca di qualcuno che vive il vino non come un prodotto, ma come una forma di dialogo con la terra. E forse è per questo che i suoi Brunelli piacciono così tanto: perché dentro non c’è solo tecnica, ma un po’ di quella fragile umanità che rende tutto vero.

Il Brunello, quando è fatto così, non si beve soltanto. Si ascolta.

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Last modified: Ottobre 8, 2025
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