Siena (giovedì, 17 luglio 2025) — Settantamila e rotti. Una cifra che, se pronunciata in silenzio, fa quasi rumore. Non abbastanza da svegliare il Parlamento, che per abitudine riposa su materassi normativi ben più imbottiti – cinquecentomila firme servirebbero per far scattare la sveglia.
di Valeria Russo
Ma abbastanza da raccontare, una per una, settantaquattromilatrentanove storie di persone che, tra una bolletta e una cena da preparare, hanno trovato il tempo di firmare qualcosa che riguarda la morte.
Perché è di questo che si tratta. Di quel momento che tutti, con entusiasmo variabile, ci troveremo ad affrontare. L’Associazione Luca Coscioni ha raccolto la voglia di essere liberi anche nell’istante più scomodo della vita: quello in cui la vita finisce. Non soltanto sollievo dal dolore, non soltanto il diritto a sospendere le terapie. No, proprio l’eutanasia attiva, quella che fa ancora paura anche solo a pronunciarla.
Le firme sono arrivate in due ondate. La prima, digitale, si è infilata nelle pieghe del web come l’acqua nel cemento: 57.000 persone che hanno cliccato tra una notizia e l’altra, con un gesto semplice e pieno di significato. L’altra ondata è venuta dalle piazze, dalle mani, dai tavoli traballanti sotto i portici, con gli attivisti in giaccone e scarpe comode: 17.039 firme scritte a penna, come si faceva una volta. E ancora si fa, quando si ha qualcosa da dire.
Il resto è aritmetica sociologica. In Friuli Venezia Giulia, una persona su cinquecento ha firmato. Seguono, con numeri simili, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte. Più giù, Toscana, Liguria, Sardegna. Chiudono la classifica Lazio, Veneto e Valle d’Aosta, ma sempre con rapporti da far riflettere. Ogni firma, dopotutto, è un sussurro che dice: «Anch’io voglio poter scegliere, quando sarà».
Settantamila voci, quindi. Un brusio di fondo che non fa ancora esplodere il dibattito, ma che da anni continua a farsi sentire, come una domanda lasciata aperta a cui nessuno si sente di rispondere. Perché parlare della morte, in Italia, è come parlare di un parente lontano: meglio non nominarlo troppo, potrebbe arrivare.
Eppure, eccole lì, tutte insieme, le firme. Una specie di preghiera laica, o forse solo un gesto di sobria civiltà. Un po’ come sistemare le cose prima di spegnere la luce. Sapendo che, prima o poi, non si tornerà. Ma volendo decidere da sé come chiudere la porta.
Last modified: Luglio 17, 2025

