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Il medico di Gaza e il filo invisibile con Siena

Siena (mercoledì, 8 ottobre 2025) — Ci sono storie che tornano come onde, richiamate da un punto preciso del mare e del tempo. Riccardo Corradini, trentun anni, medico trentino laureato all’Università di Siena, è una di quelle storie.

di Valeria Russo

Il suo nome è riemerso nella notte in cui la Freedom Flotilla è stata intercettata dalle forze israeliane, nel tratto di mare dove la cronaca diventa cronaca nera e il diritto si fa improvvisamente fragile.

Di lui, a Siena, ricordano un ragazzo curioso, instancabile, capace di mettere la passione prima della prudenza. Nel 2019 si era laureato con una tesi sugli ospedali di Gaza, dopo essere stato il primo studente occidentale a trascorrere un Erasmus di sei mesi nell’Islamic University della Striscia. Da quell’esperienza era nato anche un documentario, Erasmus in Gaza, che aveva raccontato la sua scelta di andare a vedere con i propri occhi, invece di fermarsi alle statistiche e alle parole.

Oggi la sua storia ha il sapore amaro delle coincidenze. Proprio mentre a Siena il rettore Roberto Di Pietra accoglieva sei studenti palestinesi, simbolo di un ponte che la cultura prova ancora a costruire sopra le macerie della guerra, Corradini veniva trattenuto in Israele. La nave su cui si trovava, la Conscience, è stata bloccata in mare aperto e portata ad Ashdod. Da lì, un video diffuso sui social ha reso pubblica la sua voce, ferma ma tesa, come quella di chi sa di non avere scudi se non le parole.

C’è qualcosa di profondamente senese in questa vicenda, anche se si svolge lontano. Forse è l’idea di una città che da secoli fa della solidarietà una forma di appartenenza. Forse è quel suo essere piccola e universale insieme, come lo erano le rotte medievali che da Siena portavano al Levante. Lì, dove oggi un medico che ha imparato a curare tra le corsie di un ospedale toscano si ritrova al centro di un nodo geopolitico che sembra non sciogliersi mai.

Corradini, per chi lo conosce, non è un attivista da bandiere e proclami. È un uomo di scienza che ha scelto di sporcare la scienza con la vita. Ha visto negli ospedali di Gaza la versione più nuda della medicina: salvare, spesso senza poter guarire. E forse per questo è tornato in mare, su una nave che portava non armi, ma speranze.

Siena, la città che gli ha dato una parte della sua formazione e, forse, anche un certo senso di misura morale, ora lo guarda da lontano, come si guarda un proprio figlio che ha deciso di attraversare la tempesta. Tra i corridoi del Rettorato, dove appena ieri si parlava di pace e accoglienza, il suo nome è già un’eco.

Non si sa ancora quando tornerà. Ma la sua storia, comunque vada, ha già tracciato una rotta: quella di chi sceglie di restare umano in un tempo che spinge, ogni giorno di più, verso l’indifferenza.

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Last modified: Ottobre 8, 2025
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