Siena — Nel silenzio calibrato dei laboratori di Biotecnologie Mediche dell’Università di Siena, tra vetrini, microscopi e luci bianche che non conoscono il sonno, è nata una macchina che fa qualcosa di profondamente umano: salva vite.
di Valeria Russo
È un piccolo dispositivo, una cartuccia biocompatibile che, come un cuore aggiunto, filtra il sangue dei pazienti colpiti da sepsi, una delle patologie più subdole e mortali del nostro tempo.
La sepsi è un cortocircuito del corpo, una ribellione interna: un’infezione che invece di essere domata scatena una tempesta infiammatoria capace di mandare in tilt ogni organo. Milioni di persone ogni anno ne muoiono, spesso in silenzio, mentre i medici combattono una battaglia invisibile contro qualcosa che corre più veloce di loro.
A Siena, in quell’universo ordinato e inquieto che è la ricerca scientifica, il gruppo guidato dal professor Alessandro Pini ha scelto di provare a fermarla partendo da una molecola scoperta proprio lì, all’interno dell’Ateneo. Quella molecola, innestata in una cartuccia compatibile con la circolazione extracorporea, diventa un filtro capace di trattenere batteri, tossine e i mediatori dell’infiammazione: i veri complici del collasso che la sepsi porta con sé.
È un’idea semplice nella sua audacia: depurare il sangue come si depura un fiume inquinato, ridare al corpo la possibilità di ricominciare. La cartuccia, testata in vitro e in modelli sperimentali, si è comportata come un piccolo miracolo di precisione. Non promette salvezze facili, ma apre una porta.
Il lavoro, pubblicato su Communications Medicine, è firmato da un gruppo di giovani ricercatori senesi guidati dal dottor Giovanni Cappello, sostenuti da fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Dietro alle formule e ai grafici ci sono cinque anni di tentativi, di dubbi, di strumenti aggiustati a mano, di telefonate notturne tra laboratorio e reparto.
Questa invenzione nasce in quello spazio sempre fragile e nobile che i medici chiamano “ricerca traslazionale”: il punto in cui la scienza smette di essere teoria e inizia a somigliare alla speranza. È lì che l’università incontra l’ospedale, e le mani degli scienziati si intrecciano con quelle dei clinici.
Nei prossimi mesi, la cartuccia entrerà nella fase decisiva: la sperimentazione sull’uomo. È il momento più delicato, quello in cui l’idea diventa prova, e la prova può diventare cura.
Non c’è eroismo, in questo lavoro. Solo la pazienza dei ricercatori che ogni giorno cercano di togliere un grammo di paura al dolore del mondo. Siena, ancora una volta, dimostra che anche in una città abituata al ritmo del Palio e delle campane, si può correre — ma per salvare, non per vincere.
Last modified: Ottobre 31, 2025

