Siena — Certe volte, la città sembra dormire con gli occhi aperti. Cammini per le vie e senti che tutto scorre uguale, con una lentezza che non è calma ma rassegnazione. Poi, all’improvviso, succede qualcosa che rompe il silenzio: due scuole occupate, due gruppi di ragazzi che decidono che no, non vogliono più subire in silenzio.
di Valeria Russo
È da lì che riparte Siena, da quei corridoi pieni di cartelloni, voci, e domande che non si leggono sui giornali ma si respirano nell’aria.
Il Movimento Log-in guarda a quei giovani come si guarda una scintilla nel buio. Perché in tempi come questi, in cui la scuola viene trattata come una voce di spesa e non come un investimento, l’idea che dei diciottenni alzino la testa per chiedere pace, ascolto, futuro, ha qualcosa di rivoluzionario. Non gridano per moda, non lo fanno per ribellione sterile: stanno ricordando agli adulti che la scuola non è un costo ma una promessa.
Mentre i bilanci tagliano risorse e le spese militari lievitano come se la guerra fosse una tassa inevitabile, loro scelgono di occupare. Di fermarsi per ripensare. Di trasformare l’aula in una piazza, il banco in una tribuna. E di dire a modo loro — confuso, imperfetto, ma sincero — che la pace non si costruisce con i carri armati, e che un Paese senza una scuola viva è un Paese che ha già perso.
C’è chi li giudica, chi li accusa di ingenuità. Ma forse sono proprio le ingenuità a cui dovremmo aggrapparci, quelle che fanno domande troppo grandi per essere ignorate. Il Movimento Log-in sceglie di stare con loro, non per ideologia, ma per riconoscenza: perché in una comunità che ha smesso di reagire, questi ragazzi stanno ricordando che ribellarsi è ancora possibile.
Le pressioni non mancano, le istituzioni si irrigidiscono, e i soliti guardiani dell’ordine si affrettano a dire che non è questo il modo. Ma quale sarebbe, allora, il modo giusto per farsi ascoltare? Quello che non disturba, che non intralcia, che non cambia nulla? Siena, da secoli, è una città che ha imparato a dire la sua anche quando non conveniva. E se oggi a farlo sono gli studenti, forse è un buon segno: vuol dire che qualcosa, là sotto, si muove ancora.
Il Movimento Log-in promette di restare accanto a questi ragazzi, non come maestri ma come complici. Perché in un tempo che punisce chi osa pensare, la loro voce è un bene comune. E se la città avrà il coraggio di ascoltarla, forse — anche solo per un attimo — tornerà a essere viva davvero.
Last modified: Ottobre 31, 2025

