Siena (mercoledì, 30 luglio 2025) — In certi giorni, una città cambia ritmo senza far rumore. Non si agita, ma si apre. Siena in queste ore ha il passo lento dei pellegrini e il respiro ampio di chi accoglie.
di Valeria Russo
Più di duemila ragazzi hanno attraversato le sue strade, portando zaini, voci, lingue diverse e la stessa attesa negli occhi. Arrivano da lontano: Francia, Spagna, Venezuela, Stati Uniti, e naturalmente da ogni angolo d’Italia. Tutti in cammino verso Roma, per incontrare il Papa. Tutti sospesi in quella zona fragile e potente che si chiama fede, e che si riaccende quando si cammina insieme.
A coordinare l’accoglienza, ci sono le mani esperte dell’Opera Laboratori, dell’Arcidiocesi e dell’Opera della Metropolitana. Ma più che l’organizzazione, conta il clima. Perché quando l’ospitalità è vera, non ha bisogno di proclami: si sente. I gruppi arrivano uno dopo l’altro, si sistemano, visitano, si lasciano attraversare. Non è turismo, è qualcosa di più profondo. Una sosta, ma anche un passaggio.
Tra i tanti arrivi, c’è quello dei giovani di Valencia, legati alla parrocchia di San Jeronimo. Hanno attraversato le porte delle basiliche come si attraversa una soglia interiore. I luoghi visitati – San Francesco, San Domenico, il Duomo varcato attraverso la Porta Santa – hanno smesso di essere semplici architetture per trasformarsi in soglie: passaggi in cui il tempo sembra allungarsi e toccare qualcosa che non ha fine.
Ogni ingresso, un invito a ricordare, ogni passo, un modo per restare. Alcuni di loro non avevano mai visto nulla di simile. Non tanto per l’architettura o per l’arte, ma per ciò che questi spazi custodiscono: un senso di attesa condivisa, una spiritualità che si respira anche senza sapere esattamente dove nasce.
Ogni venticinque anni si apre un tempo come questo. Sembrava che tutto intorno rallentasse per lasciar parlare i loro silenzi. I volti dei ragazzi dicevano più delle parole: stanchi sì, ma mossi da una forza che non nasce dai muscoli, e che somiglia alla speranza. È quella delle attese che fanno bene, della speranza che si rinnova senza fare rumore.
Le parole non servono, ma emergono lo stesso. I ragazzi italiani parlano di futuro, di ponti da costruire, di una Chiesa che si muove, che guarda lontano e accoglie le differenze. Per loro questo viaggio non è un passaggio da riempire di selfie. È una strada da percorrere, insieme. Un tempo per capire, ascoltare, cambiare.
Chi cammina verso Roma non cerca solo un incontro. Cerca un senso. E Siena, per qualche giorno, è diventata il punto esatto in cui tutto si concentra: la fede, la giovinezza, la fragilità, il desiderio di appartenere a qualcosa di più grande.
Forse è questo che resta alla fine: la consapevolezza di aver attraversato un luogo che ti attraversa a sua volta. Quando il senso è condiviso, non conta da dove si arriva. Le distanze si sciolgono, e anche il silenzio diventa comprensibile. Come se, per un attimo, tutti stessero dicendo la stessa cosa senza bisogno di pronunciarla.
Last modified: Luglio 30, 2025

