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Siena: la cura incontra la parola e la macchina

Ci sono città che sembrano fatte apposta per ospitare il dialogo tra passato e futuro. Siena è una di quelle. Le sue mura antiche contengono da secoli la scienza e l’umanità, la parola e la cura.

di Valeria Russo

E proprio qui, il 5 e 6 novembre, l’Università per Stranieri apre due giornate di studio che sembrano pensate per attraversare i confini — linguistici, culturali e perfino tecnologici — della medicina di oggi.

Il progetto si chiama Tuscany Health Ecosystem, e già dal nome si capisce che non si tratta solo di una conferenza, ma di un organismo vivente: università, ospedali, laboratori e istituzioni europee che si muovono insieme per immaginare un modo nuovo di curare e di comunicare. Dentro questo ecosistema si colloca l’iniziativa “Sguardi inclusivi sulla cura: Mediazione, Medicina Narrativa e Robotica Assistenziale”, organizzata con il patrocinio dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese e con il contributo di ricercatori italiani e stranieri — dalla Germania alla Cina, passando per l’Olanda e la Danimarca.

L’idea è semplice e allo stesso tempo vertiginosa: mettere nella stessa stanza linguisti e medici, filosofi e tecnologi, mediatori culturali e operatori sanitari, per interrogarsi su che cosa significhi davvero prendersi cura. E su come si possa farlo in un mondo dove le parole contano tanto quanto le macchine.

La prima giornata, quella del 5 novembre, si terrà al lotto didattico dell’Ospedale Santa Maria alle Scotte. Qui si parlerà di storie di malattia e di ascolto, di traduzione e di fiducia. Una studiosa danese, Cindie Maagaard, racconterà come la medicina narrativa possa restituire umanità ai gesti clinici. Laura Gavioli, dell’Università di Modena e Reggio Emilia, analizzerà il ruolo della mediazione linguistica nel momento più delicato di tutti: quello in cui un medico e un paziente non parlano la stessa lingua, ma devono comunque capirsi. E poi ci sarà Ahmad Al Rousani, di Medici Senza Frontiere, che porterà il punto di vista di chi lavora nei luoghi dove la cura è emergenza quotidiana, e dove la mancanza di mediazione può costare molto più di una parola sbagliata.

Nel pomeriggio, due laboratori apriranno un varco fra arte e medicina: Daniel Teufel guiderà “Recipes for (dealing with) trouble”, un percorso che usa l’arte come strumento di resilienza per chi lavora in corsia; Annalisa Bianco, regista, inviterà i partecipanti a esercizi di scrittura condivisa, come se la guarigione passasse anche dalla penna.

La seconda giornata, il 6 novembre, sposterà il baricentro all’Università per Stranieri di Siena, in via dei Pispini. Da Pechino interverrà online Cong Yali, docente della Beijing University, per affrontare la questione etica — e inevitabile — dell’intelligenza artificiale applicata alla cura: chi controlla la macchina che decide sul corpo umano? E fino a che punto possiamo delegare la compassione a un algoritmo? A seguire, Daniela Puato, della Sapienza, parlerà del linguaggio tecnico della medicina tedesca e di come la traduzione non sia mai neutra, soprattutto quando si tratta di salute.

Le due giornate non promettono risposte definitive. Ma la loro forza sta proprio in questo: nel provare a unire i frammenti — la parola, la macchina, l’esperienza — in un quadro comune. In un tempo che corre veloce, dove la tecnologia spesso precede la riflessione, Siena si concede il lusso raro della lentezza: fermarsi, ascoltare, confrontarsi.

Forse è questo, oggi, il senso più profondo dell’innovazione. Non solo creare nuove macchine, ma imparare nuovi modi di guardarsi, di raccontarsi, di curarsi. Con un linguaggio che non divide, ma unisce — come un respiro che passa da una voce all’altra, dentro una stanza dove si parla di medicina, ma si ascolta, prima di tutto, l’umanità.

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Last modified: Novembre 2, 2025
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