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Quando tutto cominciò. Il Palio delle bufale

Siena (giovedì, 3 luglio 2025) — C’è un punto esatto, nel cuore di Siena, dove il tempo non è mai davvero andato avanti. Piazza del Campo, con la sua curva che sembra abbracciare il cielo, custodisce una storia che inizia molto prima delle traiettorie perfette dei cavalli, molto prima dei tamburi, dei canti di contrada, delle stoffe al vento.

Il Palio, così come lo conosciamo oggi, nasce da una lunga trasformazione, lenta e viscerale come tutto ciò che è radicato. Ma agli inizi, quando ancora i secoli si contavano sulle dita di una mano, i cavalli non c’erano. A correre intorno alla piazza, o meglio per le strette vie della città, erano… le bufale.

Sì, proprio loro: animali forti, testardi, dal passo incerto e imprevedibile. Correva il Medioevo, e Siena era una città pulsante, fiera, tutta chiusa nelle sue mura e nelle sue rivalità. Era già lì, allora, il bisogno di confrontarsi, di sfidarsi, di decidere – con una corsa – chi avrebbe avuto l’onore, il prestigio, la gloria.

Le bufale correvano tra gli spintoni e le grida, trainate o spronate da uomini armati più di incoscienza che di esperienza. Non c’erano tribune né canapi: solo strade polverose e una folla assetata di emozione. Si chiamava “Palio alla lunga”, e la corsa si snodava da fuori le mura fino al cuore della città. Erano gare che avevano poco di organizzato, molto di istintivo, in cui il popolo ritrovava la propria voce, il proprio fervore. Era una festa grezza, quasi selvaggia, ma già intrisa di quello spirito identitario che ancora oggi arde in ogni contrada.

Poi, lentamente, Siena cambiò. La Madonna di Provenzano cominciò ad essere sempre più venerata e contemporaneamente nacque il desiderio di un evento più ordinato e spettacolare. E con il tempo, quelle bestie testarde vennero sostituite dai cavalli, più nobili, più veloci, più adatti a disegnare le traiettorie del destino nella conchiglia della Piazza.

Il Palio “alla tonda”, come si corre oggi all’interno di Piazza del Campo, è nato alla fine del 600, con il tufo adagiato sulla pavimentazione della piazza come fosse un tappeto sacro. Ma le bufale restarono nel ricordo, come una nota ruvida all’origine di una sinfonia. Furono loro a correre per prime, quando Siena cercava ancora la sua voce, quando la corsa era pura espressione di forza, di caos e di appartenenza.

E forse è proprio questo che rende il Palio unico: il fatto che nasca non da una moda o da un’esigenza turistica, ma da un’urgenza interiore. Da un popolo che ha sempre avuto bisogno di dirsi chi è, anche attraverso il rumore di una corsa. Dai muggiti sgraziati delle bufale alla potenza elegante dei cavalli, il filo non si è mai spezzato. Corre ancora, ogni estate, ogni anno, ogni curva.

E mentre oggi migliaia di occhi seguono le traiettorie perfette tracciate nel tufo, c’è chi – in silenzio – ripensa a quelle prime, improbabili corse. Dove tutto era più scomposto, più selvaggio, ma non per questo meno autentico. Dove Siena ha iniziato a conoscersi correndo. E non ha mai smesso.

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Last modified: Luglio 3, 2025
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