Scritto da 10:48 pm Siena, Attualità, Top News

L’Eroica: la rivoluzione gentile della lentezza

Siena (venerdì, 10 ottobre 2025) — Ci sono eventi che resistono al tempo più di certe pietre. L’Eroica, per esempio. Ogni ottobre torna a ricordarci che la bellezza non ha bisogno di cronometri, né di sponsor che luccicano più delle biciclette.

di Valeria Russo

È una marcia indietro verso il futuro: un’umanità che pedala lenta, impolverata, eppure lucidissima, su strade bianche che sembrano tirate a calce tra vigne e silenzi.

Gaiole in Chianti, come ogni anno, si risveglia al rumore delle ruote d’acciaio. Più di ottomila persone da ogni angolo del pianeta arrivano con le loro bici d’epoca, i fili dei freni all’aria, i pedali con le gabbiette, i polpacci che conoscono la parola “fatica”. Qui non si corre per vincere, si pedala per appartenere. È un rito collettivo, un’invocazione alla lentezza, una festa contadina travestita da corsa ciclistica.

La chiamano cicloturistica, ma dentro c’è molto di più: un pezzo di memoria che si ostina a non farsi archiviare. Il paesaggio senese non è sfondo, ma personaggio: colline che respirano, cipressi che segnano il ritmo come un metronomo di vento. Ogni ristoro è un altare laico dove si celebrano Chianti e pane, salame e parole. È la religione dei semplici, fatta di mani che si sporcano e si stringono.

L’Eroica è nata come un atto di ribellione gentile. Quando Giancarlo Brocci la inventò, nel 1997, voleva dimostrare che il ciclismo non era solo watt e potenza, ma anche poesia e rispetto. Oggi la sua creatura è diventata un modo di vivere: in Toscana, a Cuba, presto perfino in Cina. Un contagio di lentezza, una febbre buona che infetta chiunque provi a inseguire la felicità su due ruote.

Ogni edizione porta con sé una moltitudine di storie. Uomini con la barba bianca che pedalano accanto a ragazzini esili, donne con la grinta di chi ha smesso da tempo di chiedere permesso. Una ciclista torinese che abbraccia la sua Bianchi come fosse un vecchio amore. Un belga, Roger De Vlaeminck, che ritrova la bicicletta con cui vinse mezzo secolo fa: le lacrime, il silenzio, l’applauso. Non serve dire altro: è tutto lì, in quella stretta di mani tra generazioni.

C’è chi lo chiama evento sportivo, ma è una parola troppo corta. È una lezione di civiltà. L’Eroica dimostra che si può fare spettacolo senza urlare, competere senza distruggere, ricordare senza piangere. È un museo vivente, un romanzo di ghiaia e fatica che ogni anno aggiunge un capitolo.

E se il mondo moderno misura tutto in secondi, L’Eroica li sfida a colpi di lentezza. Ti insegna che la vera modernità non è correre più veloce, ma fermarsi al momento giusto. Guardare un tramonto sopra Radda, sciacquarsi il viso con un bicchiere di vino, sentire il cuore che batte come un tamburo.

Quando l’ultimo ciclista arriva, tra applausi e polvere, non importa chi è stato il primo. L’unica cosa che conta è esserci stati, aver fatto parte di questa piccola rivoluzione educata, dove l’unico motore ammesso è quello del respiro umano.

L’Eroica è, in fondo, una dichiarazione d’amore alla fragilità. E ogni pedalata un modo per dire, testardamente: siamo ancora vivi.

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Last modified: Ottobre 10, 2025
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