Siena (martedì, 8 luglio 2025) — Non ci sono coriandoli, né nastri da tagliare. Nessuna cerimonia, nessuna fotografia plastificata da appendere in corridoio. Solo una porta che si apre come ogni giorno, e dietro quella porta un gruppo di persone che lavorano a voce bassa, senza clamori.
di Valeria Russo
La Medicina Nucleare dell’Azienda ospedaliera-universitaria di Siena ha ricevuto un riconoscimento. Non uno di quelli da rivista patinata, ma uno che pesa. Una sigla, ISO9001:2015, che per molti è solo una sequenza fredda, ma che in realtà racconta ordine, attenzione, rigore. E sì, anche passione, anche se detta in silenzio.
Questo traguardo — dicono — fa parte di un percorso più ampio, quello del Dipartimento Oncologico, guidato da un professore che crede ancora che dietro ogni macchina ci debba stare un essere umano, e dietro ogni procedura una coscienza. Nessuna scorciatoia, nessuna presunzione. Solo il metodo, giorno dopo giorno.
Federica Orsini, che oggi guida la struttura, ha parlato. Ma lo ha fatto come chi non ama sentirsi al centro. Ha detto che questo successo non è solo suo, che c’è chi è venuto prima e ha lasciato fondamenta solide. E che ora il compito è costruire, non per sé, ma per chi verrà dopo.
Si indaga il corpo mentre ancora respira, si illuminano le cellule prima che decidano di nascondersi. Scintigrafie, PET, terapie radio-metaboliche: parole che sembrano estratte da un manuale, ma che ogni giorno diventano atti d’attenzione verso pazienti che arrivano con speranze appese al filo della diagnosi.
Ci sono oncologi, certo. Ma anche cardiologi, neurologi, endocrinologi. Perché il corpo è un sistema complesso, e la medicina — se è vera — non fa distinzioni nette.
La certificazione è arrivata dopo un audit, cioè un’osservazione scrupolosa. E in quel momento il dottor Paolo Bertelli ha voluto ringraziare. Non con una frase fatta, ma con gratitudine precisa: alle dottoresse che hanno gestito il percorso qualità, a chi ha seguito l’accreditamento, a chi ha saputo tenere i fili senza mai annodarli.
L’ISO, alla fine, non è un pezzo di carta. È una lente: fa vedere meglio come si lavora. E in ospedale, vedere meglio non è un dettaglio. È la differenza tra la cura e il caso.
Last modified: Luglio 8, 2025

