Siena (lunedì, 14 luglio 2025) — C’è qualcosa di nuovo in questa vittoria, e non riguarda soltanto il tennis. Riguarda il modo in cui un ragazzo ha scelto di mostrarsi al mondo: senza schermi, senza sovrastrutture, senza ruoli da interpretare.
di Valeria Russo
Jannik Sinner non sembra nato per rappresentare un Paese, e forse è proprio per questo che ci riesce così bene. Non cerca applausi. Non forza le emozioni. Fa ciò che ha imparato a fare con serietà, poi lascia che siano gli altri a parlarne. Un approccio semplice, quasi disarmante, soprattutto per chi ha costruito l’immagine dell’Italia come quella di un popolo chiassoso, sempre in cerca di conferme, impaziente di mostrarsi.
Oggi invece il volto che ci rappresenta è quello di un ragazzo che ha il coraggio di essere normale. Che preferisce ascoltare prima di rispondere, lavorare prima di parlare. Non è scontato. Anzi, è controcorrente.
In lui si riconosce un’altra Italia: fatta di pazienza, di attenzione, di sobrietà. Un’Italia che non si pavoneggia, che non alza il tono, ma che si fa strada con metodo, con cura, con dignità. È questa immagine, forse, che ha colpito più della vittoria stessa. L’idea che si possa emergere senza trasformarsi in personaggi, senza vendersi, senza cedere alla tentazione del clamore.
Ci sono simboli che si costruiscono da soli. Sinner non ha chiesto di esserlo, ma lo è diventato. Non con un gesto eclatante, ma con una serie di gesti misurati. E proprio per questo efficaci.
Se ci chiedessimo che cosa vorremmo che il mondo vedesse in noi, come italiani, forse la risposta sarebbe vicina al suo modo di stare in campo. Non appariscente. Ma profondamente rispettabile.
Last modified: Luglio 14, 2025

