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Il Toc d’Oro torna a brillare: Siena si sfida ai fornelli e riscopre il gusto della memoria

Siena (sabato, 11 ottobre 2025) — Non serve un’orchestra quando a suonare è il tintinnio delle posate. Nella Società della Giraffa, da ottobre ad aprile, il profumo del brodo copre ogni altro odore, e il vapore disegna arabeschi sulle pareti.

di Valeria Russo

È il segnale che il Toc d’Oro è tornato: la sfida delle contrade ai fornelli, una tradizione che resiste da mezzo secolo come certi amori che non si stancano mai.

Cinquanta anni sono tanti per qualunque storia, ma per una come questa contano come un battito di ciglia. Tutto cominciò nel 1975, e da allora la cucina è rimasta il luogo dove i rioni si misurano non con le nerbate o con i fantini, ma con il mestolo in mano e l’orgoglio in grembiule. Quindici contrade, un solo obiettivo: raccontare sé stesse attraverso un piatto, un profumo, un ricordo di casa.

Centocinquantatré cuochi — uomini e donne in perfetto equilibrio — si alterneranno ai fornelli, dieci per squadra. Ogni contrada porterà in tavola un menù completo, dall’antipasto al secondo, e duecento persone, sedute una accanto all’altra, giudicheranno non solo il gusto ma l’anima. Perché qui non si vince con la tecnica, si vince con la verità.

C’è una giuria di esperti, certo, ma anche quella popolare, la più severa e la più sincera. I voti si daranno in quarti di punto, come se un pizzico di sale in più potesse cambiare il destino. Le schede saranno sigillate, le bocche pure — almeno fino alla serata finale, quando la Giraffa chiuderà il cerchio e scopriremo chi ha cucinato meglio e chi ha cucinato con più cuore.

La memoria corre veloce. Qualcuno ricorda ancora la prima edizione, quando vinse la Trieste, e un uomo di nome Bruno Tanganelli pensò che forse la cucina era il modo più sincero di raccontare una Contrada. Era un’idea semplice, e come tutte le idee semplici, destinata a durare. Da allora, il Toc d’Oro è stato un modo per dire “ci siamo ancora”, anche quando Siena cambiava intorno, anche quando le voci si affievolivano.

Quest’anno la Giraffa ha riportato in vita l’antico rito. Angela Noferi, la presidente, ha rimesso in fila le date, i fornelli, le persone. Non è stato facile: quindici rioni da ospitare, i cenini, le feste, gli impegni. Ma Siena, quando si tratta di ritrovarsi, ha un istinto infallibile.

Il programma è già scritto come un menu di memoria collettiva. La Lupa apre con la crespella di ricotta e castagne, poi la Civetta e la sua zuppa di mare, la Tartuca col tortino di pecorino, l’Onda con il timballo di zucca. Fino ad arrivare alla Giraffa, padrona di casa e ultima a servire, con una cena che promette eleganza e un tocco di malinconia: tartare, risotto ai mirtilli, costoline d’agnello in crosta.

Il Toc d’Oro non è solo una competizione culinaria: è un rito identitario, un modo per cucinare la memoria della città. Siena si riconosce nel gesto lento di chi impasta, nel vino versato con una parola gentile, nel piatto che passa di mano in mano. Ogni Contrada, per una sera, diventa un racconto di gusto, di appartenenza, di storia.

Alla fine non resteranno solo le briciole sul tavolo, ma la sensazione di aver preso parte a qualcosa che somiglia alla felicità: una città che si siede insieme, che mangia, che ricorda, che ride. Un miracolo semplice, come un piatto buono servito con le mani ancora calde.

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Last modified: Ottobre 11, 2025
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