Siena — Ci sono luoghi che sembrano appartenere più al passato che al presente, e ogni tanto, se ci si mette il giusto silenzio, li si sente respirare. L’Archeodromo di Poggibonsi è uno di quei posti: una manciata di capanne di legno, un fuoco che fuma piano, il rumore del martello sul ferro.
di Valeria Russo
Qui, tra il profumo di terra bagnata e la polvere dei secoli, il tempo non è una linea ma un cerchio che ogni tanto si chiude.
Il primo novembre, mentre le città si riempiono di lumini e di zucche importate, a Poggio Imperiale si celebra un’altra festa, molto più antica e meno rumorosa: Il Funerale di Anulo. È una rievocazione, certo, ma non somiglia a quelle sfilate folcloristiche dove i figuranti recitano per mestiere. Qui gli attori vivono la storia: la toccano, la costruiscono, la sporcano di fumo e di fatica.
A partire dal pomeriggio, il villaggio del IX secolo torna a pulsare come un cuore vecchio che non ha mai smesso di battere. Il fabbro piega il ferro con la stessa ostinazione di chi forgia il destino, la tessitrice intreccia fili che sembrano racconti, il dominus Razo osserva tutto con la solennità di chi sa che anche il potere, prima o poi, diventa polvere. I bambini guardano incantati, i grandi fingono di farlo per loro ma, in realtà, sono i primi a credere alla magia.
Alle tre e mezza comincia la cerimonia. Il Funerale di Anulo è una storia cupa e bellissima, di peccati e superstizioni, di riti e passaggi tra mondi. Anulo, lo sconsiderato, muore — come tutti — ma il suo addio diventa un ponte tra due culture: quella longobarda che scompare e quella franca che nasce. Intorno al suo corpo, le voci dei vivi si fanno preghiera, il fumo si alza lento, le mani si muovono secondo gesti che non appartengono più a noi ma che ci riconoscono comunque.
Non serve essere storici per capire che questa è una lezione. Non tanto di archeologia, quanto di umanità. Perché il modo in cui si accompagna un uomo oltre la vita dice molto su come si vive.
Alla fine della giornata, quando il sole cala dietro la fortezza e il fuoco del villaggio si spegne piano, resta la sensazione di aver davvero viaggiato nel tempo. Non un salto spettacolare, ma un passo gentile all’indietro, verso un passato che — in qualche modo misterioso — continua a guardarci da sotto la terra.
L’ingresso è gratuito, ma l’impressione che resta non ha prezzo.
Last modified: Ottobre 27, 2025

