Scritto da 8:35 am Siena, Attualità, Top News

Conosciamoci a tavola

Siena — A Poggibonsi la comunità si mette a tavola. Non in senso metaforico: proprio a tavola, con tovaglie colorate, stoviglie spaiate e piatti che raccontano provenienze diverse. Domenica 26 ottobre, in piazza Rosselli, il profumo della cena di quartiere precederà il suono delle forchette.

di Valeria Russo

L’idea è semplice come un gesto antico: conoscersi attraverso il cibo. Niente convegni, niente discorsi – solo persone che si incontrano, mangiano insieme, e per qualche ora dimenticano da dove arrivano.

È l’ennesimo capitolo del progetto “Riempire i Vuoti”, che da mesi lavora per ridare senso e vita agli spazi della città. L’obiettivo è tanto pratico quanto poetico: trasformare luoghi spenti in luoghi vissuti, cucire memorie, raccogliere storie, aprire porte che per anni erano rimaste chiuse. Tutto ruota intorno a un principio semplice e rivoluzionario: la città non è fatta di muri, ma di incontri.

In questi mesi si è cominciato proprio da lì, dai laboratori di cucina interculturale, dove mani diverse hanno impastato le stesse farine. Il risultato non è solo un menù variopinto, ma una piccola comunità nata davanti ai fornelli. Da quelle esperienze nasce la cena di ottobre, che si annuncia come un esperimento di convivenza felice: tavoli condivisi, piatti portati da casa, ricette che si intrecciano come dialetti.

Mentre le pentole sobbollono, in città prende vita l’Atelier di Comunità, allestito in uno di quei fondi sfitti che sembravano destinati al silenzio. Dentro, la mostra Trame di memoria – Poggibonsi com’era ricompone i frammenti di una storia collettiva: vecchie fotografie in bianco e nero, lettere ingiallite, oggetti d’uso quotidiano, testimonianze di chi ha vissuto la città prima che diventasse la città di oggi. È un archivio sentimentale, costruito pezzo per pezzo grazie ai cittadini che hanno portato un ricordo, una foto, un piccolo oggetto.

Attorno all’Atelier si è formata una costellazione di attività che parlano la lingua semplice della partecipazione: un laboratorio di uncinetto dove i fili diventano pretesto per raccontarsi; uno sportello antiviolenza che offre ascolto e protezione; laboratori per bambini organizzati da cooperative sociali che insegnano la creatività come forma di libertà. E ogni fine settimana la mostra si riapre, accoglie nuovi visitatori e nuove memorie, come un diario che non finisce mai di essere scritto.

Il progetto non vive di grandi proclami, ma di gesti quotidiani: una stanza restituita alla città, una fotografia appesa, una cena preparata insieme. Dietro l’idea di “riempire i vuoti” non c’è solo la voglia di recuperare spazi, ma quella – più difficile – di riempire il tempo con relazioni vere, di dare carne e voce a una parola abusata: comunità.

La cena di domenica ne sarà la prova più luminosa. Le persone arriveranno con un piatto, un sorriso, una storia. Ci sarà chi porterà le melanzane ripiene della nonna e chi il riso speziato della madre lontana. Tra un boccone e una risata, si scoprirà che i confini – geografici, sociali, culturali – si sciolgono davanti a un piatto condiviso.

In fondo, è questo che la città cerca: un linguaggio che unisca. E il cibo, più di ogni parola, ha questa forza primordiale di mediare, consolare, avvicinare. Poggibonsi lo sa: a volte per ricucire una comunità basta una forchetta, un tavolo, e la voglia sincera di guardarsi negli occhi.

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Last modified: Ottobre 24, 2025
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