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Addebiti e difese: l’autunno dei Palii entra nel tribunale del tufo

Siena (martedì, 7 ottobre 2025) — Ogni anno, passata la polvere delle carriere e spento l’eco dei tamburi, Siena rientra lentamente nei suoi ritmi. Ma sotto la superficie calma, la giustizia paliesca comincia a muoversi.

di Valeria Russo

È il tempo degli addebiti, delle carte firmate, delle responsabilità messe nero su bianco. Stavolta tocca ai Palii del 2025, quello di luglio corso sotto il sole rimandato dal temporale, e quello di agosto, con la piazza piena fino agli ultimi respiri d’estate.

La macchina della Festa ha una memoria lunga, più lunga delle grida e dei canti. Le relazioni dei Deputati, i filmati del Consorzio per la Tutela del Palio, le note d’ufficio: tutto viene rivisto con lentezza chirurgica. Ogni spostamento tra i canapi, ogni posizione sospetta, ogni movimento che rompe l’armonia della Mossa torna a essere esaminato. E così, dal tavolo dell’assessorato alla giustizia paliesca, sono partite le notifiche.

La Tartuca, per il Palio di luglio, dovrà rispondere del comportamento del suo fantino. Quei movimenti verso il basso, tra i canapi, con lo schiacciamento delle contrade accanto: gesti che a occhio nudo si perdono in un attimo, ma che la moviola dell’ufficialità trasforma in prove. Lo stesso vale per Giosuè Carboni, “Carburo”, e per Carlo Sanna, “Brigante”. Tutti avranno sette giorni per raccontare la loro versione, per difendere non solo se stessi ma un’idea di corsa, di cavallo, di onore.

Anche il Drago entra nella stagione delle carte. Ad agosto, il suo fantino era schierato in posizione sbagliata al canape. Un soffio, un passo, ma bastano pochi centimetri per cambiare la storia di un Palio. A lui, come ad Andrea Coghe detto “Tempesta”, tocca lo stesso iter: documenti, memorie, difese.

Dietro ogni riga del regolamento c’è una filosofia tutta senese. Il Palio non perdona la leggerezza. Tutto è rituale, tutto è codificato, persino l’errore. Ma dentro questa apparente rigidità c’è la sostanza viva della città: la convinzione che la giustizia, anche in una corsa che dura poco più di un minuto, debba essere lenta, pensata, umana.

Fuori dal Palazzo, le Contrade osservano con la solita discrezione. Si parla poco, si commenta meno, ma ogni mossa è pesata. Il tufo, che a luglio e agosto diventa arena, a ottobre si trasforma in tribunale morale. Qui non si corre, si attende. Si difendono principi, non solo cavalli. E forse è questo che rende il Palio una faccenda così profondamente senese: la corsa è solo il pretesto, il resto è una continua riflessione su se stessi, sugli altri, sul limite sottile che separa la gloria dall’infrazione.

Tra un documento e l’altro, la città ricomincia a respirare. Ma nelle contrade, dietro porte chiuse e bandiere ripiegate, si sente ancora la vibrazione dell’estate. Perché a Siena, anche la giustizia, alla fine, sa di polvere e di tamburo.

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Last modified: Ottobre 7, 2025
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